da “IL CODICE DEONTOLOGICO FORENSE”
(Testo approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17 aprile 1997 ed aggiornato con le modifiche introdotte il 16 ottobre 1999, il 26 ottobre 2002, il 27 gennaio 2006, il 18 gennaio 2007, il 12 giugno 2008 e il 15 luglio 2011)
PREAMBOLO
L’Associazione Areaconsumatori esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi degli associati, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia.
Nell’esercizio della sua funzione, l’associazione vigila sul rispetto delle leggi e dei principi della Costituzione, della salvaguardia dei diritti umani e dell’Ordinamento comunitario; favorisce il diritto alla libertà, alla sicurezza ed all’inviolabilità della difesa; assicura la regolarità del giudizio e del contraddittorio.
Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi valori.
TITOLO I - PRINCIPI GENERALI
ART. 1. - Ambito di applicazione.
Le norme deontologiche si applicano a tutti i consulenti e praticanti nella loro attività, nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi.
ART. 2. - Potestà disciplinare.
Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.
Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto della reiterazione dei comportamenti nonché delle specifiche circostanze, soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare l’infrazione.
ART. 3. - Volontarietà dell’azione.
La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei doveri e dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva.
Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato.
Quando siano mossi vari addebiti nell’ambito di uno stesso procedimento la sanzione deve essere unica.
ART. 4. - Doveri di probità, dignità e decoro.
I consulenti e praticanti devono ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro.
ART. 5. - Doveri di lealtà e correttezza.
I consulenti e praticanti devono svolgere la propria attività professionale con lealtà e correttezza.
ART. 6. - Dovere di fedeltà.
E' dovere dei consulenti e praticanti svolgere con fedeltà la propria attività professionale.
I. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento del consulente e praticante che compia consapevolmente atti contrari all'interesse del proprio assistito.
II. I consulenti e praticanti devono esercitare la loro attività anche nel rispetto dei doveri che la funzione gli impone verso la collettività per la salvaguardia dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato e di ogni altro potere.
ART. 7. - Dovere di diligenza.
I consulenti ed i praticanti devono adempiere i propri doveri professionali con diligenza.
ART. 8. - Dovere di segretezza e riservatezza
È dovere, oltreché diritto, primario e fondamentale dei consulenti e praticanti mantenere il segreto sull'attività prestata e su tutte le informazioni che siano fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.
I – I consulenti e praticanti sono tenuti al dovere di segretezza e riservatezza anche nei confronti degli ex clienti, sia per l’attività giudiziale che per l’attività stragiudiziale.
II - La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di colui che si rivolga ai consulenti e praticanti per chiedere assistenza senza che il mandato sia accettato.
III – I consulenti e praticanti sono tenuti a richiedere il rispetto del segreto professionale anche ai propri collaboratori e dipendenti e a tutte le persone che cooperano nello svolgimento dell’attività professionale.
IV - Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la divulgazione di alcune informazioni relative alla parte assistita sia necessaria:
a) per lo svolgimento delle attività di difesa;
b) al fine di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un reato di particolare gravità;
c) al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra consulenti, praticanti e assistito;
d) in un procedimento concernente le modalità della difesa degli interessi dell’assistito.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato.
ART. 9. - Dovere di indipendenza.
Nell'esercizio dell'attività professionale i consulenti ed i praticanti hanno il dovere di conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti esterni.
I. I consulenti ed i praticanti non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera personale.
[II. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dei consulenti e dei praticanti che stipulno i con soggetti che esercitano il recupero crediti per conto terzi patti attinenti a detta attività.] (1)
(1) Canone abrogato dal CNF con la delibera del 18 gennaio 2007.
ART. 10. - Dovere di difesa.
I consulenti ed i praticanti devono prestare la propria attività difensiva anche quando ne sia richiesto dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti.
I - L’avvocato che venga nominato difensore d’ufficio deve, quando ciò sia possibile, comunicare all’assistito che ha facoltà di scegliersi un difensore di fiducia, e deve informarlo, ove intenda richiedere un compenso, che anche il difensore d’ufficio deve essere retribuito a norma di legge.
II - Costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare attività di gratuito patrocinio o la richiesta all’assistito di un compenso per la prestazione di tale attività.