Usa, Ferrero attaccata dai consumatori ritira uno spot pubblicitario della Nutella e paga un "salato" risarcimento
Class action vinta dai consumatori per pubblicità ingannevole.
La battaglia di una mamma nutrizionista Americana di San Diego ha avuto la meglio sulla Ferrero USA, accusata di pubblicità
ingannevole. Lo spot pubblicitario incriminato infatti esaltava le qualità della Nutella descrivendola come ottimo esempio di colazione gustosa salutare nutriente ed equilibrata, omettendo di menzionare la presenza di sostanze grasse. Chiariamoci, non è che la crema spalmabile più famosa al mondo sia diventata "nociva", però non è neppure l'alimento ideale per una dieta.
Tutto è iniziato da una denuncia del febbraio 2011 contro la Ferrero Usa, presentata da una Madre Americana che ha accusato la pubblicità come ingannevole perché, ha affermato, "la Nutella non è sana né nutriente ma, come altri dolci, contiene livelli elevati di grassi saturi".
L’accusa della donna sottolineava che gli spot pubblicitari della Nutella diffusi negli Usa, non mettevano in rilievo tutti gli elementi nutrizionali della crema omettendone alcuni ed in particolare quelli grassi, per contro, il messaggio "esortava" a consumare Nutella perché faceva bene alla salute, quasi che medici o dietologi avrebbero dovuto consigliarla per risolvere problemi dietetici o di linea.
Bene, dov’è l'anomalia potrebbe dire qualcuno? È "ovvio" che chi consuma la Nutella non lo fa per dimagrire o per dieta; ma la differenza non è affatto banale, e visto che gli spot ne incitavano il consumo in quanto alimento “salutare”, le normative Americane l'hanno giudicata "pubblicità ingannevole" tanto che la Ferrero, ha deciso di chiudere la class action USA (aperta nei tribunali di New Yersey e California), impegnandosi a pagare un risarcimento stimato in oltre $ 3.000.000, con un massimale di $ 5.000.000, nei confronti dei Consumatori Americani che avranno i requisiti per inserirsi nella causa.
Il tribunale ha deciso che chiunque dimostri di aver acquistato un barattolo di Nutella negli Stati Uniti tra il 1° gennaio 2008 e il 3 febbraio 2012[1] ha tempo fino al 5 Luglio 2012 per presentare denuncia, avendo diritto al risarcimento di $ 4 per ogni confezione comprata, con un limite di $ 20 per utenza.
Fatto di rilievo dell’accordo raggiunto è che La Ferrero USA ha anche accettato di cambiare la campagna pubblicitaria della Nutella, di girare un nuovo spot pubblicitario, e soprattutto di modificare l’etichetta nutrizionale e il sito internet dedicato al prodotto, in pratica di modificare gli aspetti divulgativi promozionali e di marketing.
Ferrero S.p.A. però minimizza le conseguenze affermando che Il contenzioso è un problema solo Americano, e che l'accordo transattivo raggiunto è relativo, appunto, al solo contenzioso derivato dalla pubblicità negli USA non conforme alle disposizioni della legislazione Americana. Ferrero sostiene per questo di non aver motivi per correggere il comportamento commerciale negli altri paesi, né per intervenire sulla confezione del prodotto, né sulle strategie di marketing.
E in Italia come si è reagito? Per ora in modo molto limitato, la Ferrero avrebbe deciso di mettere la dicitura “latte scremato” nell’etichetta del prodotto al posto di un bicchiere di latte, cambiamento deciso dopo un esposto giunto all’Antitrust del settembre 2011 che evidenziava come in realtà fosse usato latte in polvere, e non il getto di latte fresco mostrato nei filmati, tuttavia sono molti gli spot che restano sulla falsariga di quelli oggetto di rivendicazione
negli Stati Uniti.[2]
Il problema però resta, vale la pena di ricordare che, non a caso, nel 2010 Ferrero si oppose fortemente alla decisione del Parlamento Europeo che proponeva di vietare messaggi pubblicitari di tipo salutistico a prodotti che, per ogni cento grammi di sostanza, contenessero più di 10 grammi di grassi, o 4 grammi di zuccheri, o 2 di sodio, tipologia entro la quale la Nutella sarebbe entrata ampiamente dato l’elevato contenuto di zuccheri e olio di palma usati nella formulazione del prodotto.
In quell’occasione l’allora ambasciatore e vicepresidente della holding lussemburghese della Ferrero International, lanciò un allarme sul futuro di tanti prodotti tra cui la Nutella perché avrebbero rischiato di divenire “fuorilegge”, sottolineando che quel modo di procedere avrebbe messo “in ginocchio l’intera industria dolciaria, motivo per il quale la Ferrero si impegnava in prima linea per la sua "battaglia di libertà per il consumatore”, intervento riuscito visto che fece dissolvere un provvedimento da molti ritenuto di buon senso.
È Palazzo Chigi che ora, complice la necessità di far cassa, potrebbe indirettamente riaprire la questione introducendo una tassa sul “junk food” del tipo sperimentato in Francia. Se il provvedimento dovesse diventare legge verrebbero colpiti per primi superalcolici e soft drink, e verrebbero concessi due anni di tempo a snack, patatine fritte, merendine e, appunto, creme spalmabili, tempo concesso alle società per consentire di rivalutare la formulazione dei prodotti, e rientrare nei nuovi termini proposti, condizione necessaria per poter contenere l'impatto economico della tassa che in assenza di modifiche, inciderebbe molto negativamente sulla diffusione dei prodotti. Vedremo se un tale progetto potrà prendere corpo, a beneficio della salute dei consumatori, oltre che alla salvaguardia del gusto.[3]
M.Rossi: [1] con piccole differenze tra stato e stato; [2] fonte: Il Sole 24 Ore; [3] fonte: Il fatto quotidiano